Monologo – Piero Meucci

Un monologo. E che parla di politica. (…) E nella lettura, ci si accorge che quel monologo non è individuale. È solo la finzione letteraria, a trasmetterlo come individuale. Perché è invece una voce collettiva, la coscienza collettiva di quegli anni. Non una testimonianza, bensì una sorta di registrazione che ci getta in quel periodo senza veli, analisi, va al di là del ricordo, pure prezioso, di chi c’era e racconta. Siamo lì, dentro quel periodo, ad ascoltare un presente indelebile. Per chi ci è vissuto dentro, che riconoscerà quel presente, per chi, come me, ne ha vissuto la fine e il trapasso, per chi non lo ha mai vissuto ma vuole capire cos’era. Un’operazione non della nostalgia, ma della necessità di ridare, ai ragazzi in particolare, la possibilità di passare attraverso una sorta di porta del tempo e ritrovarsi lì, dove tutto il mondo che viviamo oggi è cominciato e in seguito si è inesorabilmente perduto. (Dalla Prefazione di Stefania Valbonesi).